1 – Contrazione e frammentazione dell’areale e degrado delle condizioni stazionali dei popolamenti
Tutti i siti attualmente conosciuti sono ubicati in aree costiere soggette a varie forme di disturbo che nei casi estremi comportano la distruzione degli habitat idonei. Le forme più impattanti di disturbo sono connesse con la massiccia antropizzazione del litorale, che dal Secondo Dopoguerra si è intensificata sempre più per la costruzione di numerose abitazioni private e strutture balneari, oltre che di diversi edifici industriali (es.: segherie per la lavorazione di materiali lapidei). Calendula maritima è di conseguenza scomparsa in numerose aree lungo la costa (San Vito Lo Capo, M. Cofano), e si è rarefatta o estinta anche in contesti insulari, in teoria meno esposti all’antropizzazione spinta (es.: Isola Lunga e Favignana).
In molti casi l’impatto antropico si traduce in un degrado più o meno intenso delle comunità in cui la specie vive, dovuto per lo più a fenomeni di inquinamento-eutrofizzazione del suolo e alla presenza diffusa di discariche di inerti e rifiuti. Questi ultimi, inoltre, favorendo l’aumento demografico delle colonie di uccelli marini che popolano le piccole isole del comprensorio in esame, determinano forme dirette ed indirette di disturbo esclusivo dei contesti microinsulari (es. eutrofizzazione dei suoli, predazione e calpestio) soprattutto durante la stagione riproduttiva degli uccelli.
2 – Inquinamento genetico
Molti popolamenti sono interessati da fenomeni di inquinamento genetico dovuto ad ibridazione con una specie congenere, Calendula fulgida Raf., che in molti casi convive con la specie target. Questo fatto costituisce una seria minaccia per la conservazione di Calendula maritima, poiché nel medio-lungo termine si concretizza il rischio che essa possa progressivamente regredire a vantaggio di entità ibride, che in quanto tali sono teoricamente dotate di maggiore resistenza e adattabilità rispetto alle specie genitrici.
Peraltro, l’antropizzazione degli ecosistemi costieri favorisce indirettamente l’ingresso e la diffusione di C. fulgida, grazie ai suoi caratteri più marcatamente ruderali, inducendo l’affermazione – e talora la dominanza – degli ibridi.
3 – Disturbi stagionali connessi con la fruizione costiera
Diverse forme di disturbo meccanico (raccolta di piante e fiori, calpestio, ecc.) appaiono strettamente connesse con un uso improprio delle aree costiere durante la stagione turistica. Di particolare impatto risultano a tale proposito la realizzazione di strutture ricettive (chioschi, cabine, piste di accesso, ecc.) collegate all’attività di balneazione, o più semplicemente ad interventi di ripulitura meccanica delle spiagge per facilitare la fruizione dei bagnanti. In taluni casi il rischio è rappresentato dalla realizzazione di viabilità accessoria per facilitare gli accessi alle aree di balneazione, o semplicemente all’ingresso con veicoli a motore a danno dei popolamenti, con conseguente degrado dell’habitat e distruzione meccanica di ampi nuclei di calendula.
Oltretutto, la stagione estiva coincide con la fase di disseminazione di Calendula maritima e rappresenta il periodo più critico per la sopravvivenza delle singole piante, che devono affrontare periodi siccitosi più o meno prolungati.
4 – Competizione con piante esotiche invasive
Gli ambienti insulari in quanto contesti territoriali circoscritti e spesso semplificati, appaiono generalmente più vulnerabili all’invasione da parte di organismi esotici. La naturalizzazione di numerose piante esotiche è iniziata già durante il XIX secolo, e oggi alcune di esse si comportano come pericolose invasive in grado di minacciare gravemente la sopravvivenza di molte specie endemiche delle coste siciliane. A tal proposito va rimarcato come il riscaldamento globale sembrerebbe uno dei principali fattori responsabili del brusco incremento di casi di naturalizzazione e invasione registrato in Sicilia nel corso degli ultimi decenni.
Per quanto concerne il comprensorio in esame, fra le entità più temibili si annovera Carpobrotus sp., un genere di piante che ha già mostrato spiccate tendenze invasive in quasi tutte le aree a clima mediterraneo del mondo in cui è stato introdotto. Nei riguardi delle popolazioni di calendula, nuclei più o meno ampi di Carpobrotus sono presenti in circa metà dei siti delle coste del Trapanese e nell’Isola Colombaia. Sebbene al momento l’impatto sulla specie target sia piuttosto modesto e circoscritto, il rischio potenziale consiste nella capacità da parte di Carpobrotus di dominare le comunità vegetali che invade, prevalendo su tutte le specie native mediante sottrazione di acqua, nutrienti e spazio. Inoltre, esso interagendo indirettamente con la vegetazione locale mediante alterazione della chimica del suolo, diminuzione del pH ed aumento del tenore di azoto e salinità, arreca profonde alterazioni alle comunità vegetali autoctone in termini di ricchezza, diversità, composizione floristica e dinamismo.
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